Quali sono i segreti del fondo di una monoposto di Formula 1?

Partiamo col dire che l’effetto suolo è un fenomeno sfruttato da qualsiasi vettura di Formula 1, pressochè di qualsiasi epoca… Quando un corpo lavora in effetto suolo significa che si sta muovendo in prossimità di una superficie solida, vale a dire esattamente l’opposto di quanto fa – ad esempio – un aeroplano. Non dobbiamo pensare all’effetto suolo come una prerogativa del motorsport, in quanto in natura sono presenti molti esempi di tale fenomeno: i gabbiani volano spesso radenti a specchi d’acqua proprio per minimizzare il dispendio energetico richiesto!

Bene, ma tutto ciò come si applica al mondo della Formula 1? E perché si minimizza il dispendio energetico trovandosi in prossimità di una superficie solida?

In generale, un profilo alare (ma quanto stiamo per dire è vero per corpi di ogni forma) è sottoposto a forze aerodinamiche scomponibili in due vettori principali:

  • Carico aerodinamico, o deportanza (“downforce”): agisce in direzione perpendicolare alla direzione del moto della vettura, “schiacciandola” verso il suolo; per intenderci, gli aeroplani hanno ali di forma tale da direzionare tale forza verso l’alto… si parla in questo caso di portanza (“lift”), che permette loro di decollare e rimanere in volo;
  • Resistenza aerodinamica (“drag”): agisce in direzione del moto, ma in verso opposto ad esso. Se volessimo mantenere l’analogia vista in precedenza, il drag è il dispendio energetico richiesto al veicolo per avanzare ad una certa velocità. In realtà, a questa resistenza se ne somma un’altra, vale a dire la resistenza al rotolamento degli pneumatici; tuttavia, si può osservare come ad alte velocità quest’ultima sia trascurabile rispetto al drag aerodinamico, per cui non ci concentreremo su di essa.

Come spiegato nell’articolo riguardo l’uso della CFD in F1, l’obiettivo è sempre quello di massimizzare la downforce e minimizzare il drag: così facendo, si ottimizza l’efficienza aerodinamica (definita dalla frazione downforce/drag).

Spinti dalla curiosità, potremmo chiederci come mai downforce e drag si generino: la loro natura è correlata al fatto che il passaggio della monoposto va a deviare le linee di flusso dell’aria, assorbendone il contenuto energetico. Questo spiega anche come mai un pilota a caccia di chi lo precede faccia spesso fatica a sorpassarlo: il motivo – tralasciando le turbolenze – è che l’aria sfruttata dal pilota che segue ha un contenuto energetico inferiore in quanto già “lavorata” dalla monoposto del pilota che precede!

A.Guerrero, R.Castilla - Aerodynamic study of wake effects on a Formula 1 car

Qui entra in gioco l’effetto suolo: la presenza del manto stradale molto vicino all’ala anteriore e al fondo vettura fa sì che le linee di flusso vengano piegate meno rispetto ad un’analoga condizione in aria libera. Questo riduce enormemente il drag, senza però tradursi in una perdita di downforce!

Si pensi che l'aumento di downforce è tale che un’ala in aria libera con angolo di attacco di 12° genera tanta downforce quanto un’ala vicina al suolo con angolo di attacco di 6°.

Effetto suolo e Regolamento Tecnico 2022

Avendo compreso gli enormi vantaggi dell’effetto suolo, i legislatori della FIA hanno impostato la definizione degli attuali regolamenti in maniera tale da sfruttare il fenomeno descritto in misura maggiore rispetto al passato.

Nel tentativo di rendere l’esecuzione dei sorpassi meno complicata, si è deciso di dare al fondo (“underfloor”) un ruolo chiave nella generazione di carico aerodinamico.

La vista laterale di una monoposto mostra come varia ogni sezione del fondo, mettendo anche in evidenza alcune zone di primaria importanza:

  • La sezione d’imbocco, detta anche “Leading Edge”, è progettata in maniera da accogliere il maggior flusso d’aria possibile – evitando però che quest’ultimo sia instabile;
  • La gola del diffusore (“Diffuser Throat”) è il punto di altezza minima dell’intero fondo: qui la velocità del flusso sarà massima, e la pressione minima. La delicatezza di questa zona è tale da aver indotto la FIA ad incrementare di 10 mm la sua altezza rispetto al suolo, per prevenire il porpoising;
  • La sezione di uscita del diffusore, detta anche “Trailing Edge”, è tale da determinare una forte espansione del flusso d’aria, di cui parliamo più avanti; anche nella definizione progettuale di questa sezione bisogna tenere ben in mente l’obiettivo di non rendere i flussi instabili;

Nella vista dal basso si può osservare la porzione centrale del fondo (evidenziata in giallo), zona che lavora estremamente vicina all’asfalto tanto da toccarlo sporadicamente – con tanto di spettacolari scintille!

F1Gresty

Ai lati di questa zona ci sono quelli che impropriamente prendono il nome di “tunnel Venturi”: infatti, sebbene l’iniziale restringimento di sezione vada a velocizzare il flusso esattamente come in un tubo di Venturi, bisogna tener conto anche dell’effetto del diffusore!

Nella porzione finale dell’underfloor, infatti, il diffusore ha il compito di espandere il più possibile il flusso d’aria, per riportare quest’ultima a valori di pressione pari a quella atmosferica nel momento in cui essa viene estratta: non a caso, a volte il diffusore viene anche definito “estrattore. Un estrattore che funziona bene garantisce prestazioni robuste e consistenti dell’intero fondo, il che rende l’idea di quanto in fase di progettazione si debba considerare l’insieme di fondo e diffusore come un corpo unico.

Ma quindi il fondo crea davvero un sigillo rispetto all’asfalto?

La risposta è… che deve! Infatti, se si riesce a prevenire infiltrazioni di flussi d’aria secondari – tipicamente dai bordi laterali del fondo stesso – si accentua la caratteristica di alta velocità e bassa pressione dei filetti fluidi dell’underfloor. E questo, a sua volta, permette di generare dell’utile carico aerodinamico

I team hanno due modi per assicurarsi che il fondo possa essere sigillato rispetto all’ambiente esterno:

  • Sigillo meccanico: il fondo di una monoposto di F1 è in fibra di carbonio, ma – come per tutti i materiali compositi – l’intreccio delle pelli di carbonio determina le caratteristiche flessionali dell’intera struttura. Studiando l’aeroelasticità del fondo in funzione del carico aerodinamico generato ad ogni velocità, si va a sigillare meccanicamente lo stesso;
  • Sigillo aerodinamico: il regolamento tecnico prevede un massimo di 4 deviatori di flusso (detti “floor fences”, mostrati in basso) che consentono di generare un potente vortice, il quale si collocherà in prossimità dei bordi laterali del fondo in modo tale da sigillarli;

Tutto qui? Neanche per idea! L’aerodinamica di una monoposto è ben più complessa di quanto visto… Fenomeni secondari si integrano a quelli visti e determinano la veste aerodinamica di vetture che gareggiano in quello che, non per caso, definiamo il pinnacolo del motorsport!

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