Verstappen domina un GP d’Australia controverso. Bufera su FIA e Liberty Media

Quanto visto a Melbourne nei giri finali, mi duole dirlo, ha poco a che fare con la Formula 1 che tutti noi conosciamo e amiamo. L’episodio incriminato della bandiera rossa per l’incidente di Magnussen, dalla quale è poi scaturita una ripartenza a dir poco caotica per quelli che sarebbero dovuti essere gli ultimi 2 giri di gara, lascia una profonda cicatrice in chi - come il sottoscritto - vorrebbe vedere uno sport e non necessariamente uno spettacolo.
Perché lo sport può essere spesso spettacolare, ma uno spettacolo organizzato in maniera da essere tale non potrà mai avere a che fare con lo sport, nel senso più nobile del termine.

Simon Galloway / Motorsport Images

Torneremo sugli episodi citati, non prima di aver analizzato quanto successo nel “vero” Gran Premio. A tal proposito, l’analisi si concentrerà sui fatti che hanno scandito lo svolgimento della gara: se voleste un grado di approfondimento ancora maggiore, vi ricordo che potete abbonarvi al prezzo di soli 5€/mese alla pagina BuyMeACoffee che gestisco assieme al mio collega Rastro. Lì troverete tutti i grafici e le telemetrie relative ad ogni sessione, dalle FP1 alla gara, giorno per giorno durante i weekend di F1. 

Questa la classifica finale del GP d’Australia:

  1. Max Verstappen (Red Bull)
  2. Lewis Hamilton (Mercedes)
  3. Fernando Alonso (Aston Martin)
  4. Lance Stroll (Aston Martin)
  5. Sergio Perez (Red Bull)
  6. Lando Norris (McLaren)
  7. Nico Hulkenberg (Haas)
  8. Oscar Piastri (McLaren)
  9. Zhou Guanyu (Alfa Romeo)
  10. Yuki Tsunoda (Alpha Tauri)
  11. Valtteri Bottas (Alfa Romeo)
  12. Carlos Sainz (Ferrari)
  13. Pierre Gasly (Alpine, DNF)
  14. Esteban Ocon (Alpine, DNF)
  15. Nyck De Vries (Alpha Tauri, DNF)
  16. Logan Sargeant (Williams, DNF)
  17. Kevin Magnussen (Haas, DNF)
  18. George Russell (Mercedes, DNF)
  19. Alexander Albon (Williams, DNF)
  20. Charles Leclerc (Ferrari, DNF)

Rispettati i pronostici della vigilia, ma abbiamo visto il pieno potenziale di tutti?

La risposta breve a questa domanda è no, e il motivo è piuttosto semplice: la prima bandiera rossa, dovuta all’incidente in curva 6 di Alexander Albon (autore fino a quel momento di un weekend splendido), ha costretto tutti quanti a ripartire con pneumatici hard, nella speranza di riuscire a coprire i quasi 50 giri che mancavano in quel momento senza fermarsi ulteriormente ai box.

Strategie pneumatici del Gran Premio d'Australia attuate da ogni pilota
Pirelli Motorsport / Twitter

Riuscire a completare uno stint di tale lunghezza sarebbe stato impossibile per chiunque senza ricorrere ad una gestione molto oculata degli pneumatici, motivo per cui abbiamo assistito ad una gara “processionaria”, nella quale gli unici sussulti sono stati garantiti dalla rimonta di Carlos Sainz, dopo essere stato relegato a centro gruppo a causa del timing sfortunato con il quale era stata interrotta la gara. Quando però le posizioni si sono assestate, con Verstappen davanti a Hamilton, Alonso, lo stesso Sainz, Gasly e Stroll, è apparso piuttosto chiaro come tutti avessero in mente solo un traguardo: arrivare alla bandiera a scacchi senza ricorrere a cambi gomme, dato che non ci sarebbe stato tempo per recuperare gli oltre 20 secondi persi in corsia box.

Analisi dei tempi sul giro relativi agli stint di gara di ogni pilotaAnalisi degli stint dei protagonisti del Gran Premio

Osservando l’analisi dei tempi sul giro medi tenuti dai primi classificati nell’arco dei due stint in cui la gara può essere suddivisa, risulta palese come non ci siano differenze fra le prestazioni esibite da Red Bull, Mercedes, Ferrari, Aston Martin e persino Alpine. Questo è in assoluta controtendenza con gli esiti dei primi due Gran Premi, e sono sicuro che già a Baku torneremo a vedere un vantaggio consistente da parte delle RB19 di Verstappen e Perez.

Per la cronaca, uno dei grossi vantaggi di cui gode Max Verstappen, vale a dire l’efficienza aerodinamica a DRS aperto, si è manifestato in tutta la sua entità al giro 12, quando Max ha passato la Mercedes di Lewis Hamilton - che lo aveva sopravanzato al via della gara - con assoluta facilità.

Mark Sutton / Motorsport Images

Lewis Hamilton non era stato l’unico a passare Verstappen al primo giro, perchè la leadership della gara era nelle mani del suo compagno di squadra George Russell. Le cose sembravano mettersi bene per il duo Mercedes, che stava attuando una tattica piuttosto furba: Hamilton restava volutamente a meno di 1 secondo da Russell per usufruire del DRS nelle 4 zone designate dell’Albert Park, ma non per attaccarlo! Il suo unico scopo era infatti quello di difendersi dalla velocità di punta monstre di Verstappen alle sue spalle.

Il trucco stava funzionando anche piuttosto bene, fino a quando in concomitanza con l’incidente di Alex Albon gli strateghi Mercedes avevano deciso di richiamare George ai box, sicuri del fatto che la neutralizzazione della gara tramite Safety Car non si sarebbe trasformata in una bandiera rossa. Purtroppo per loro (e per la Ferrari di Carlos Sainz, che aveva seguito Russell come un’ombra rientrando ai box), la direzione gara ha sorprendentemente optato per l’interruzione con bandiera rossa, al fine di ripulire la pista. Molti piloti si sono detti in disaccordo con questa scelta, e io mi trovo perfettamente d’accordo con loro…

Mark Sutton / Motorsport Images

Al restart la gara di Russell è poi durata poco: una (rara) rottura della Power Unit Mercedes ha messo fine alle sue velleità di podio, concludendo di fatto un weekend iniziato bene e finito malissimo, ma non per sue colpe!

Cosa avrebbe potuto fare Leclerc rispetto a Sainz?

In casa Ferrari, il Gran Premio è stato vissuto con le speranze di un buon risultato riposte nel solo Carlos Sainz, dato che la gara di Charles Leclerc si era di fatto conclusa al primo giro, dopo un contatto in curva 3 con l’incolpevole Lance Stroll. Trovatosi in ghiaia, per Charles sarebbe stato impossibile ripartire; e infatti così è stato. Seconda gara su tre conclusa con zero punti per il pilota monegasco, che si trova ad affrontare il peggior inizio di stagione da quando è in Formula 1.

Lionel Ng / Motorsport Images

Per tutto il weekend di Melbourne abbiamo visto un Leclerc non in grado di tenere a bada il compagno di squadra Sainz, il quale lo ha persino preceduto in qualifica - al netto di quanto accaduto da un punto di vista procedurale, su cui non ci soffermeremo.

Se c’è una costante nella sin qui breve carriera di Leclerc, è la sua tendenza ad esaltarsi nel momento in cui la vittoria è alla sua portata; al contrario, però, quando la vettura non gli consente di esprimere il massimo del proprio potenziale, pare che in lui non scatti la “scintilla” che gli permette di tirar fuori quei decimi di secondo che spesso si rivelano cruciali. Questa non vuole essere una critica a Charles, in quanto non è certo il primo pilota a risentire di un mindset del genere: non da ultimo, anche Sebastian Vettel aveva questa mentalità “ad interruttore”, se così vogliamo chiamarla.

Spetta quindi a Ferrari mettere a disposizione di Leclerc una monoposto che possa soddisfare la sua legittima ambizione di diventare Campione del Mondo.

Finale di gara pazzo, primi punti dell’anno per Norris, Hulkenberg, Piastri, Zhou e Tsunoda

Veniamo quindi al controverso finale di gara, già anticipato in apertura: detto dell’incidente di Magnussen e della conseguente bandiera rossa, cosa è successo negli istanti seguenti?

La gara ha vissuto un nuovo restart per il quale tutti i piloti si sono attrezzati di pneumatici Soft, dovendo percorrere solamente 2 giri; ovviamente è facile comprendere come una situazione di gara come quella descritta sia stata vissuta dai piloti come la possibilità di raddrizzare una domenica fino a quel punto storta, o il timore di vanificare quanto ottenuto lottando per 56 giri di gara vera. Qualunque dei due fosse lo stato d’animo, l’unico modo per affrontare quei 2 giri era di spingere al massimo, sperando di non avere la peggio in eventuali - e molto probabili - contatti.

Allo spegnersi dei semafori non c’è da stupirsi se abbiamo assistito a:

  • Verstappen che per un soffio non manca la sua casella di partenza, posizionandosi tanto avanti rispetto alla riga bianca da essere a rischio penalità;
  • Una manovra da rookie di Carlos Sainz, che per poco non mette del tutto fuori gara un incolpevole Fernando Alonso in curva 1;
  • Logan Sargeant che sperona violentemente Nyck De Vries in curva 1;
  • Le due Alpine di Pierre Gasly e Esteban Ocon che si auto-eliminano in curva 2;
  • Sergio Perez che taglia le prime due curve di netto transitando sull’erba;
  • Lance Stroll che poco più avanti, in curva 3, si rende autore di un errore totalmente non forzato e va in ghiaia;

Glenn Dunbar / Motorsport Images

Insomma, un caos totale. E come risponde la direzione gara a tutto questo? Facendo disputare a tutti un altro giro in regime di Safety Car, credendo di rimediare al disastro andato in scena e proponendo un finale con tanto di bandiera a scacchi e foto di rito. Peccato che in tutto questo le due Alpine tornino a casa con zero punti, vittime di un incidente reso “trasparente” in quanto avvenuto in una porzione di gara ininfluente ai fini del risultato (l’ordine di partenza dietro la SC era infatti quello precedente alla follia della ripartenza descritta). Così come assurda è, per lo stesso motivo, la penalità di 5 secondi inflitta a Carlos Sainz: la sua manovra su Alonso era sicuramente da sanzione, ma ribadiamo che il contesto nel quale è avvenuta fosse stato reso ininfluente dalla stessa direzione gara!

Voglio chiudere questo articolo dandovi il parere di chi ha visto ormai un numero spropositato di gare: spettacolarizzare ogni istante di un Gran Premio ricorrendo ad artifici come DRS o neutralizzazioni “a comando”, correre su circuiti larghi come autostrade e con rettilinei infiniti al centro di capitali (magari in “stati canaglia”) non rende migliore l’evento, ma lo deturpa e svilisce ciò che rende così magica la Formula 1: la competizione spietata fra talenti che possono spingere al limite più di chiunque altro al mondo le loro monoposto. Questo basterebbe e - per me - avanzerebbe.

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