CFD in Formula 1: a cosa serve? E come funziona?

L’acronimo CFD sta per Computational Fluid Dynamics, il corrispettivo di “Fluidodinamica Computazionale”. Un software CFD permette di studiare il flusso d’aria che lambisce le superfici di una monoposto, e lo fa dando una soluzione numerica alle famigerate equazioni di Navier-Stokes. Questo set di equazioni differenziali, infatti, è noto per non possedere (ancora) una risoluzione “analitica”: ciò vale a dire che applicando le comuni leggi dell’analisi matematica non si perviene ad una soluzione, specialmente per geometrie complesse come quelle di una monoposto da competizione!

Come funziona un software di CFD?

Quel che fa un buon codice CFD, allora, è eseguire iterativamente la stima della soluzione col più basso grado di incertezza possibile. In tali condizioni si è ottenuta la “convergenza”, in presenza della quale possiamo considerare validi i valori di pressione e velocità dell’aria ottenuti come risultato in ogni punto della carrozzeria (“bodywork”).

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Come si capirà, il grado di dettaglio che si cerca prima ancora di approcciarsi alla CFD è decisamente troppo elevato: il bodywork, così come qualsiasi corpo, è un “continuo”… E in quanto tale, potenzialmente potremmo considerarlo come un insieme di infiniti punti! Se si pensa, poi, che 1 cm3 d’aria contiene 26.000.103.515.625.000.000 molecole – sì, avete letto bene – è impensabile evitare qualsiasi tipo di semplificazione del problema.

Quali semplificazioni vengono in nostro aiuto?

Innanzitutto, negli anni sono state messe a punto set di equazioni con vari gradi di semplificazione rispetto alle citate equazioni di Navier-Stokes: un esempio ne è l’approccio RANS (“Reynolds Averaged Navier-Stokes”), nel quale viene operata una media che tiene conto solo qualitativamente degli effetti di turbolenza. Se invece si volesse studiare più in dettaglio il fenomeno stesso della turbolenza – che potremmo approfondire in futuro – sarebbe utile usare l’approccio LES (“Large Eddy Simulation”), più efficace nel prevedere il comportamento delle strutture vorticose.

A livello di geometria della monoposto, invece, ci viene in aiuto il processo di discretizzazione chiamato “meshing”: ciascuna porzione del corpo vettura viene divisa in celle di calcolo più o meno piccole di forma usualmente cubica o esaedrica, senza però che si perdano gli aspetti caratteristici delle forme iniziali…

Meshing di una monoposto di Formula 1

La competenza di chi esegue una buona mesh sta proprio qui: trovare il giusto compromesso fra precisione e semplicità del modello. Infatti:

  • Una maggior precisione significa risultati più accurati, e quindi la possibilità di dirigere lo sviluppo aerodinamico della vettura nella giusta direzione;
  • Una maggior semplicità, di contro, significa ridurre tempi e costi di calcolo: nella Formula 1 moderna, in cui budget e risorse di calcolo sono contingentati, si tratta senz’altro di un aspetto rilevante!

Infatti, da oltre un anno il regolamento tecnico impone ai 10 team diverse disponibilità di risorse: il “monte ore”, così per le simulazioni CFD che per i test in galleria del vento, viene ricalcolato ogni 6 mesi allo scopo di ribilanciare le forze in campo. Così facendo, i team in crisi tecnica hanno la possibilità di recuperare, mentre chi è davanti difficilmente potrà estendere il suo vantaggio prestazionale!

Ad oggi, le risorse menzionate sono divise come segue:

  Coefficiente Runs in galleria del vento Numero Items utilizzabili alla CFD
Red Bull 0.63 202 1260
Ferrari 0.75 240 1500
Mercedes 0.80 256 1600
Alpine 0.85 272 1700
McLaren 0.90 288 1800
Alfa Romeo 0.95 304 1900
Aston Martin 1.00 320 2000
Haas 1.05 336 2100
Alpha Tauri 1.10 352 2200
Williams 1.15 368 2300

Ok, ma dopo esserci dilungati sugli aspetti operativi di un’analisi CFD, cosa se ne estrae dopo le ore di calcolo impiegate?

Lift vs Drag

I due dati più importanti che si estraggono da un’analisi CFD sono i valori di carico aerodinamico (“downforce”, o “negative lift”) e resistenza aerodinamica (“drag”) relativi all’intero corpo vettura. Ben più importante, tuttavia, è la distribuzione di questi due parametri rispetto ad ogni macroarea della monoposto: questo aiuta a capire quali siano i componenti che generano più prestazione, e quindi sui quali è più redditizio investire in ricerca e sviluppo.

Allo stato dell’arte, l’attuale generazione di vetture ad effetto suolo vede nell’insieme di fondo e diffusore il 55% del carico aerodinamico totale generato! Questo spiega come mai nel 2022 la lotta tecnica al vertice fra Red Bull e Ferrari sia stata giocata a colpi di aggiornamenti aerodinamici proprio nella zona del fondo…

Efficienza aerodinamica

In linea di principio, lo scopo degli ingegneri dei reparti aerodinamici è di aumentare la downforce e ridurre il drag: il rapporto fra queste due quantità, spesso indicato con L/D, è detto “efficienza aerodinamica”. Al crescere dell’efficienza aerodinamica di un progetto, si può essere ragionevolmente sicuri della sua competitività.

Ottimizzazione di forma

Tornando alla CFD, il ciclo iterativo non si conclude con l’analisi dei risultati visti, ma prosegue con un processo di ottimizzazione di forma: lo stesso software, “imparando” dalle precedenti simulazioni quali modifiche impattino maggiormente sulla performance, modella la superficie esterna entro i limiti regolamentari – che dallo scorso anno definiscono per la carrozzeria delle porzioni di volume che non possono essere oltrepassate.

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Quando si arriva ad un risultato vicino (o, perché no, superiore) al target di progetto, il reparto aerodinamico delibera le forme della vettura che vediamo in pista; successivi affinamenti portano a pacchetti di aggiornamento durante la stagione, ma solo nel caso in cui si rivelino effettivamente migliorativi.

Correlazione fra CFD, galleria del vento e pista

A proposito di pista, un aspetto spesso – e giustamente – menzionato è quello della correlazione, termine che sta ad indicare ripetibilità e consistenza fra i risultati di galleria del vento, pista e CFD stessa.

Anche sulla correlazione è bene non cercare facili risparmi: se l’apparato informatico che ospita i calcoli fluidodinamici è potente ed efficiente ma fornisce risposte diverse da quanto dice la pista, si trasforma presto in uno svantaggio piuttosto che in un asset!

Quando ciò accade, i protocolli in vigore nei team – e il buon senso, in fin dei conti – impongono di arrestare il programma di sviluppo aerodinamico fino a quando i modelli dei vari strumenti di analisi non siano perfettamente calibrati, in modo da assicurare una correlazione robusta.

Cos’altro?

In questo articolo abbiamo voluto spiegare cosa ci sia dietro l’universo della fluidodinamica computazionale, cercando di catturare più aspetti possibili; tuttavia ci sono tematiche intrinseche all’argomento (vedasi la turbolenza) che meriterebbero di essere approfondite ulteriormente: la sezione dei commenti è a vostra disposizione per qualsiasi richiesta, domanda o considerazione!

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