Viaggio all’interno delle sospensioni “anti-dive” e “anti-squat”
Quest’anno in Formula 1 si fa un gran parlare di “anti-dive” e “anti-squat” quando si analizzano i sistemi sospensivi delle varie monoposto. L’integrazione di queste due caratteristiche, rispettivamente sulle sospensioni anteriori e posteriori, viene spesso indicata come la causa di un grande vantaggio (o, viceversa, svantaggio) di un team rispetto ad un altro… Ma è davvero così? E come funzionano delle sospensioni fatte in questo modo?
Qual è il livello di interazione tra sospensioni e aerodinamica in Formula 1?
Quando si parla di sospensioni in relazione all’aerodinamica su una vettura di Formula 1, l’interazione più semplice a cui si può pensare è quella relativa al posizionamento dei vari bracci sospensivi, con i due triangoli (superiore e inferiore) che “indirizzano” i flussi d’aria a valle in accordo con la filosofia aerodinamica scelta in fase di progetto.
Ma da tanto tempo, in realtà, le sospensioni hanno un compito ben più importante: mantenere la cassa veicolo ad un’altezza dal suolo costante. Se ci pensiamo, infatti, le sospensioni servono letteralmente a “sospendere” la vettura da terra, attutendo tutti gli ostacoli incontrati lungo un giro di pista dai gruppi ruota (che non a caso vengono chiamati “masse non sospese”).
Dal momento che gran parte degli effetti aerodinamici di una monoposto sono riconducibili all’efficienza del fondo - maggiormente con gli attuali regolamenti tecnici - risulta immediatamente chiaro come lo sfruttamento dell’effetto suolo possa avvenire al meglio solo se la cassa veicolo non incontra scuotimenti importanti.
Infatti, quando un veicolo modifica la propria altezza da terra a seguito di un qualsiasi fenomeno (passaggio su un cordolo, porpoising, transitori, ecc.) il carico aerodinamico che è in grado di generare si abbassa di molto rispetto alle condizioni dette “di progetto”. Ma se le sospensioni sono strutturate in maniera tale da contrastare questo effetto, ci si tiene sempre molto vicini alle condizioni di progetto, e la performance ne risulta ottimizzata.
Cosa accade in frenata e in accelerazione?
Il problema per chi progetta le sospensioni di una vettura di Formula 1 è che le variazioni di altezza da terra non sono qualcosa di sporadico, come un passaggio su un cordolo; al contrario, ad ogni frenata e accelerazione si hanno dei movimenti tipicamente definiti “dive” e “squat”:
- Con il termine dive si intende letteralmente l’affondamento dell’avantreno in frenata;
- Con il termine squat si intende il fenomeno per cui la vettura si “siede” sul retrotreno in fase di accelerazione;
Ben più importante, però, è capire perché insorgano questi fenomeni… la causa principale è infatti qualcosa su cui si può fare ben poco, vale a dire la disposizione delle masse all’interno del veicolo!
Qualsiasi corpo con una propria massa è infatti dotato di un “centro di massa”, vale a dire un punto in cui virtualmente è concentrata tutta la massa del corpo stesso. Questo centro di massa, detto spesso anche “centro di gravità” (o COG dall’inglese center of gravity), è ad esempio collocato negli esseri umani all’altezza dell’ombelico: questo spiega come mai i ginnasti si sollevino con l’ombelico oltre la sbarra per facilitare la rotazione attorno alla stessa.
Glenn Dunbar / Motorsport Images
E in Formula 1? Beh, lì l’obiettivo è quello di tenere il COG il più basso possibile, ma generalmente si riesce a rimanere ad un’altezza prossima a quella della testa del pilota, prendendo come riferimento l’immagine in alto.
Come funziona un sistema sospensivo anti-dive
Quando un pilota inizia la fase di frenata, la forza d’inerzia tende non solo a spingere il veicolo in avanti, ma anche a generare un “momento” che induce la rotazione della vettura in avanti. Si ha quindi quel che viene definito trasferimento di carico, per mezzo del quale il retrotreno si alleggerisce e l’avantreno è maggiormente premuto al suolo: ecco perché si parla letteralmente di affondamento. Se la geometria della monoposto fosse tale da ignorare completamente questo fenomeno (ipotesi ovviamente folle, tanto in Formula 1 quanto nei veicoli stradali), si arriverebbe addirittura al ribaltamento!
Per tenere invece in conto l’importante problematica del dive, occorre che la geometria delle sospensioni anteriori sia tale da contrastare naturalmente il suddetto affondamento. È persino possibile calcolare una percentuale di anti-dive: idealmente, avere lo 0% significa ignorare totalmente l’affondamento, mentre avere il 100% significa che l’avantreno non avrà il benché minimo spostamento verso il basso in fase di frenata (ipotesi affascinante, ma comunque deleteria ai fini della performance).
Osserviamo l’immagine in alto: essendo una vettura di Formula 1 dotata di sospensioni di tipo “double wishbone” (vale a dire con due triangoli sovrapposti), ciascuno dei due triangoli avrà una sua inclinazione rispetto al suolo… Se immaginiamo allora, in vista laterale, di tracciare una linea che colleghi i due punti di attacco del triangolo superiore - e successivamente facciamo la stessa cosa per il triangolo inferiore, otterremo due linee che si incontrano in un punto. Tale punto, detto “centro istantaneo anteriore”, avrà una certa distanza sia in lunghezza (Ldive) che in altezza (hdive) rispetto al punto di contatto degli pneumatici anteriori al suolo.
Considerando poi che le vetture di F1 sono dotate di un sistema di “brake balance” che sposta la ripartizione della frenata tra avantreno e retrotreno in base al volere del pilota, quel che ne consegue è che l’impianto frenante è sempre più indirizzato verso l’anteriore che verso il posteriore. Generalmente le ripartizioni vanno da un ANT 55% - POST 45% a un ANT 65% - POST 35%. Come vediamo di seguito, anche il brake balance (indicato come la percentuale riferita all’anteriore) rientra nel computo della percentuale di anti-dive:
Come si può osservare nella formula appena mostrata, oltre al layout delle sospensioni anche il passo della vettura “L” e la posizione verticale del COG “h” hanno una loro influenza nel determinare quanto effetto anti-dive si esprima. In particolare, all’aumentare del passo (che ricordiamo essere la distanza dall’asse delle ruote anteriori a quello delle ruote posteriori) aumenta l’anti-dive: tutti i team hanno cercato sin dallo scorso anno di aumentare il passo anche per questo motivo, oltre che per avere più superficie vettura utile a generare carico aerodinamico.
Quanto al solo effetto della geometria sospensiva anteriore, per aumentare l’effetto anti-dive può essere utile rendere i due triangoli più convergenti, ad esempio abbassando il punto d’attacco del braccio posteriore (parlando del triangolo superiore). Si tratta di una geometria su cui Red Bull ha puntato molto, sia con la RB18 dello scorso anno che con la RB19 di questo 2023.
Si vocifera addirittura di un angolo fra i due triangoli sospensivi prossimo ai 45°, mentre fra le altre monoposto in griglia ci si attesta su valori vicini a 15°: forse non è un caso che il comparto sospensivo sia stato l’area della vettura sotto la diretta supervisione di Adrian Newey, che quindi - ancora una volta - ha fatto la differenza rispetto ai competitor.
Come funziona invece l’anti-squat al retrotreno?
Un layout sospensivo posteriore che vada ad incentivare l’effetto anti-squat mira ad evitare che la vettura vada a “sedersi” sul retrotreno in fase di accelerazione. Questo abbassamento del retrotreno avviene per una ragione esattamente simmetrica rispetto a quanto detto nel caso dell’anti-dive: in accelerazione c’è sì un trasferimento di carico dovuto agli effetti inerziali, ma verso il posteriore! Non deve stupire, quindi, che questo squat vada a ridurre la stabilità della monoposto in uscita di curva, dove diventa molto più semplice incorrere in sovrasterzi di potenza e, potenzialmente, testacoda.
Zak Mauger / Motorsport Images
Prima di comprendere come si possa costruire una sospensione posteriore con effetto anti-squat, per capire meglio quanto detto finora ci viene in aiuto un tipo di veicolo dove gli effetti inerziali si fanno sentire molto più che in Formula 1: stiamo parlando delle moto, maggiormente di quelle da competizione come MotoGP o Superbike.
In questi casi, vediamo come in staccata ci sia un forte affondamento della sospensione anteriore, a tal punto da osservare la ruota posteriore che si alza da terra: ecco l’esempio perfetto di un trasferimento di carico al 100% dal posteriore all’anteriore! Al contrario, basta pensare ad una partenza con impennamento per avere un controesempio di trasferimento di carico al 100% dall’anteriore al posteriore.
In Formula 1, trattandosi di veicoli a 4 ruote, la geometria stessa delle monoposto evita di raggiungere gli esempi estremi appena menzionati, ma quando si tratta di abbattere i tempi sul giro, ogni fenomeno fisico che interviene sulla vettura deve essere messo a punto e/o ottimizzato.
E così arriviamo all’annoso problema dell’anti-squat: come avrete già capito, la definizione di percentuale di anti-squat è totalmente simile a quanto detto per l’anti-dive.
La formula di riferimento mette in evidenza parecchie delle considerazioni già fatte nel paragrafo precedente: per aumentare l’effetto anti-squat è bene avere una monoposto a passo lungo, con un COG il più basso possibile, e triangoli sospensivi posteriori con geometrie tali da avvicinare verticalmente il centro istantaneo posteriore all’impronta di contatto con l’asfalto degli pneumatici posteriori.
Quel che risulta ininfluente, invece, è la percentuale del bilanciamento di frenata (BBal [%]), contrariamente a quanto visto all’anteriore nel caso dell’anti-dive. Come si capirà, anche al posteriore non è saggio in fase progettuale scegliere un comparto sospensivo che si avvicini al 100% di anti-squat: il pilota deve sempre essere in grado di “sentire” i movimenti della vettura in risposta ai suoi input alla guida, e un elevatissimo anti-squat toglierebbe un gran margine di sensibilità in questo senso.
Perché i rivali della Red Bull non adottano un anti-dive accentuato come quello della RB19?
Per come abbiamo trattato l’argomento, potreste pensare che sia fin troppo semplice per tutti progettare sospensioni che aumentino i due effetti appena spiegati… ma allora perché questo non viene fatto?
La realtà spesso è ben più complicata di una trattazione matematica: infatti abbiamo parlato di anti-dive e anti-squat in modo “isolato”, come se nella complessa dinamica che governa il moto di una vettura di Formula 1 non ci fossero altri fenomeni da considerare.
In verità, alla cosiddetta “dinamica longitudinale” che abbiamo affrontato dovremmo affiancare la dinamica trasversale, per capire come i trasferimenti di carico da sinistra a destra (e viceversa) influiscano sul comportamento globale di una vettura. Ne risulta che la progettazione delle sospensioni debba tenere conto di numerose scelte di compromesso fra necessità legate alla dinamica longitudinale e a quella trasversale…
Ma di questo ce ne occuperemo in un altro articolo. Per adesso, vi saluto!
Indice
Viaggio all’interno delle sospensioni “anti-dive” e “anti-squat”
- Qual è il livello di interazione tra sospensioni e aerodinamica in Formula 1?
- Cosa accade in frenata e in accelerazione?
- Come funziona un sistema sospensivo anti-dive
- Come funziona invece l’anti-squat al retrotreno?
- Perché i rivali della Red Bull non adottano un anti-dive accentuato come quello della RB19?