Cosa rende una Power Unit efficiente? Scopriamo la Turbulent Jet Ignition (TJI)

Spesso qui su Race Analysis abbiamo parlato dell’importanza dell’aerodinamica in Formula 1, e di come gran parte delle scelte progettuali in fase di definizione di una monoposto siano dettate, appunto, da scopi aerodinamici.

Tuttavia, in quest’era turboibrida che la massima serie sta vivendo non è certo da trascurare l’importanza del motore. O meglio, come ormai siamo abituati a chiamarlo, Power Unit. Il principio ispiratore dei regolamenti in vigore dal 2014 in Formula 1 è stato senz’altro quello dell’efficienza: la ricerca motoristica si è quindi spostata dal cercare di estrarre “semplicemente” la massima potenza al cercare di farlo con una data quantità di energia, disponibile sottoforma di energia chimica presente nel carburante e/o energia elettrica facente capo al pacco batterie.

La Power Unit utilizzata da Mercedes nel 2014

La Power Unit utilizzata da Mercedes nel 2014

Dietro questa scelta si nascondeva - non che abbia smesso di farlo, eh! - la voglia di travasare in ambito automotive le tecnologie che sarebbero state acquisite sui campi di gara, con il fine ultimo di garantire una maggiore sostenibilità alle flotte di veicoli che circolano tutti i giorni sulle nostre strade. La realtà, però, ha messo i regolatori di fronte ad inconvenienti che hanno reso l’attuale Regolamento Tecnico meno efficace di quanto si volesse: il motivo principale risiede nei costi di sviluppo astronomici di determinate tecnologie (vedasi l’MGU-H, che infatti non avrà più spazio nelle future Power Unit a partire dal 2026).

Struttura di un MGU-H

Struttura di un MGU-H (credit: Marelli Motorsport)

Pertanto, se da un punto di vista globale il “travaso” nel settore automotive sia stato decisamente minore di quanto auspicato, analizzando gli sviluppi da una prospettiva meramente scientifica, sono stati compiuti dei progressi tecnologici enormi.

Tecnologie all’avanguardia: “Turbulent Jet Ignition” (TJI)

Il principio guida dell’efficienza viene perseguito mediante due principali limitazioni:

  • Un quantitativo massimo di carburante da poter imbarcare nel serbatoio prima della gara, calcolato in 110 kg;
  • Un limite al flusso massimo di carburante, che cresce linearmente fino a 10500 rpm e resta poi costante a 100 kg/h oltre tale regime di rotazione;

Risulta immediatamente chiaro che se non si può estrarre più potenza dal motore endotermico iniettando una quantità maggiore di carburante, l’unica possibilità che resta è quella di sprecare il minor quantitativo possibile di energia contenuta in ciò che possiamo iniettare: è proprio di efficienza che stiamo parlando!

Infatti una grossa inefficienza che caratterizza molti motori a combustione interna è legata a quanto del carburante iniettato venga poi effettivamente combusto, e quindi partecipi al processo che - in ultima analisi - fornisce potenza alle ruote motrici. Il motivo per cui una quota del carburante iniettato non viene combusta sta nelle geometrie di camera di combustione e spray della miscela aria/carburante.

Con una normale iniezione diretta non si potrebbe avere quindi il livello di efficienza che serve per essere al top in Formula 1, per cui l’azienda tedesca Mahle (che lavora tanto in ambito automotive quanto nel racing, avendo un rapporto di stretta collaborazione con Ferrari) ha inventato tra il 2014 e il 2015 un sistema chiamato “Turbulent Jet Ignition”, abbreviato in TJI e traducibile grossomodo con “accensione a getto turbolento”.

Un motore TJI presenta il grosso vantaggio di usare una miscela aria/carburante che definiamo “magra”, vale a dire contenente un quantitativo di carburante minore rispetto al rapporto stechiometrico, che invece prevederebbe circa 14.65 kg di aria per ogni kg di carburante. Va da sé che usare una miscela magra permette una flessibilità maggiore, in quanto:

  • Possiamo imbarcare (e bruciare) la stessa quantità di carburante di un motore non-TJI, ricavandone più potenza a parità di consumi;
  • Possiamo imbarcare meno carburante di un motore non-TJI, ottenendo la stessa potenza ma col vantaggio dinamico di avere un veicolo più leggero e consumi minori;

Tale flessibilità si traduce quindi in un immediato vantaggio tecnico sulla concorrenza, che in Formula 1 è apparso così chiaro da aver obbligato tutti i fornitori di Power Unit a correre ai ripari, comprando o sviluppando soluzioni di questo tipo nei propri motori. Arriviamo quindi al 2023, in cui tra Ferrari, Mercedes, Honda e Renault tutti mettono in pista motori TJI.

Ma cosa permette al TJI di usare meno carburante?

La geometria tipica della camera di combustione di un motore TJI presenta una “pre-camera”, il cui posizionamento è a monte della camera principale, con la quale è connessa. La presenza della precamera serve a contenere una piccola tasca di miscela (parliamo circa del 5% di quella che sarà la miscela totale) fortemente ricca, pertanto con un rapporto aria/combustibile minore rispetto allo stechiometrico - esattamente l’opposto di quanto detto prima!
Architettura di un motore TJI

Architettura di un motore TJI (credit: Ruitao Song)

Questa piccola quantità di miscela presente nella pre-camera viene accesa mediante una candela, per poi essere inviata alla camera di combustione principale: quando la raggiunge, il suo campo di moto è fortemente turbolento, e com’è risaputo un moto turbolento aiuta il mescolamento all’interno della camera. Il passaggio della miscela da pre-camera a camera avviene attraverso una serie di 6 o 8 piccoli orifizi equamente distribuiti sulle pareti esterne della camera principale, e il vantaggio sta proprio qui: avere dei punti ben distribuiti nei quali accelerare il mescolamento della miscela evita la situazione che di norma avviene nell’iniezione diretta, vale a dire con il volume vicino all’iniettore che presenta un rapporto aria/carburante decisamente minore delle zone più lontane da esso.

Orifizi per l'iniezione dalla pre-camera
Orifizi per l’iniezione dalla pre-camera (credit: MAHLE Powertrain)

A questo punto, vi starete chiedendo quando e come venga iniettato il restante (si fa per dire) 95% di miscela, che naturalmente sarà molto magra. Il momento dell’iniezione è immediatamente successivo a quello delle citate micro-iniezioni, mentre la modalità di iniezione non è univoca.

Infatti possiamo avere sia un’iniezione diretta (ad alta pressione) in camera di combustione che un’iniezione indiretta (a bassa pressione) nel condotto di aspirazione - sfruttando la fase di aspirazione per richiamare all’interno della camera la miscela iniettata.

Rispettivamente, queste due iniezioni vengono chiamate:

  • Gasoline Direct Injection (“GDI”);
  • Port Fuel Injection (“PFI”);

Nel momento in cui il 95% di miscela magra e il 5% di miscela ricca si mescolano, il rapporto aria/combustibile complessivo è comunque maggiore di quello di un motore non-TJI, col vantaggio associato di avere un “fronte di fiamma” assolutamente più omogeneo

In questo modo, la probabilità che l’intero quantitativo di carburante iniettato ad ogni ciclo motore venga correttamente bruciato aumenta, e con essa l’efficienza termica del motore.

Che ricadute ha avuto la tecnologia TJI sul mondo automotive?

Un esempio lampante di applicazione del Turbulent Jet Ignition al mondo automobilistico è certamente il motore della Maserati MC20, ribattezzato “Nettuno” dagli ingegneri del Tridente. È comprensibile che il primo veicolo a montare un TJI sia una vettura sportiva, per la cui definizione le prestazioni devono essere messe al primo posto; ma c’è da scommettere che - al netto dell’attuale tendenza ad elettrificare il parco auto - se questa tecnologia dovesse vedere un abbattimento dei propri costi di realizzazione, molte Case automobilistiche la adotterebbero per le loro produzioni di serie. Scatenando esattamente quel travaso tecnologico che la FIA ha avuto in mente nello scrivere i Regolamenti Tecnici in Formula 1.

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